Ecco a cosa i nostri figli saranno chiamati per poter essere vincenti.
Sicuramente le competenze sociali sono difficili da misurare, ma c’è un fatto: queste sono richieste per ottenere successo.
Purtroppo, almeno per ora, quando nel mondo del lavoro si parla di competenze sociali, di intelligenza relazionale e di empatia si resta quasi sempre sul piano superficiale e ciò alimenta i pregiudizi sulla accessorietà del postulato. Spesso infatti, sentiamo” È roba da psicologi, da venditori, da assistenti sociali”. Peccato, perché le nostre capacità relazionali sono oggi più che mai un fondamentale fattore di successo per le nostre carriere.
Un tempo, la divisione del lavoro nelle grandi organizzazioni, si basava su mansioni più parcellizzate, sulla scarsa integrazione tra reparti e funzioni, su gerarchie rigide e soprattutto sulla scarsa responsabilizzazione dei singoli. Tuttavia si poteva lavorare bene anche senza eccellere nell’arte di “star bene con gli altri” e di comunicare.
Anche lato clienti, i valori del rispetto, della gentilezza e della disponibilità erano molto meno importanti di quanto sia oggi. Ci sono però alcuni professionisti, manager e imprenditori di successo che oggi sono eccellenti comunicatori.
Sanno ascoltare, sanno spiegarsi, sanno offrire agli altri comprensione e stimoli positivi.
Queste competenze che i leader sviluppano al massimo livello rappresentano la differenza.
I nostri figli, sul lavoro, dovranno condividere, negoziare, ascoltare più di quanto stiamo facendo noi, sicuramente molto di più di quanto hanno fatto i nostri genitori.
Dovranno insomma diventare dei bravi gestori di relazioni.
Essere uno che “ci sa fare con le persone” significa poter chiedere uno sforzo in più, al collega, al cliente o al collaboratore, gestire in modo costruttivo incomprensioni e resistenze, ottenere dai propri interlocutori più tempo e più attenzione.
Invero, forse, l’insieme delle competenze sociali e comunicative le cerchiamo anche noi quando ci risentiamo con il collega che ha usato una parola troppo dura, quando pretendiamo che il professore si approcci in modo più comprensivo ai problemi di nostro figlio, quando scriviamo una recensione acida su un ristorante dove il cameriere si è lasciato sfuggire un commento di troppo e via dicendo…
Abbiamo in sostanza un bisogno di empatia molto più forte di una volta perciò conviene metterci a lavoro da ora, senza demandare solo ai nostri figli il compito di imparare ad essere diversi.
Il primo passo da fare è prendere consapevolezza che si tratta una declinazione della propria intelligenza emotiva e che l’intelligenza emotiva, come tutte le intelligenze, è un “muscolo” che si allena.
L’empatia quindi non è un elemento immutabile iscritto nella nostra personalità e nel nostro carattere.
Attenzione però a non farci trarre in inganno dalle abitudini: non tutte le persone esposte alla relazione sono persone empatiche. Essere a contatto col pubblico non è di per sé garanzia di elevate «social skills» Per esempio tutti noi conosciamo medici che passano le loro giornate a dialogare con i pazienti e i loro familiari senza sviluppare neanche un minimo di empatia.
Grazie al Metodo Formicola, io ho imparato ad aumentare le occasioni di confronto e interazione con chi è diverso da noi.
Ad esempio, se frequentiamo solo persone che hanno la nostra età, la stessa storia, la stessa mia condizione sociale o professionale non riesco mai ad uscire dalla mia zona di comfort sociale, anche on line.
Con il Metodo sto imparando, passo dopo passo a sviluppare la competenza sociale che è ben più prevalente rispetto a quella tecnica, insomma sto allenando il “muscolo” dell’empatia!