La paura è un’emozione antica, insopprimibile.
E’ un’emozione necessaria poiché, da sempre, permette all ’uomo di reagire e fronteggiare il pericolo.
Perché allora abbiamo così timore della paura?
Perché talvolta la paura può bloccare, può paralizzare; può trasformarsi da motore dell’azione a inibitore dell’azione, lasciandoci immobili e frustrati.
Nel nostro tempo presente la paura, che è un’emozione legata al nostro istinto di sopravvivenza, ha invaso anche la nostra vita sociale dove, in effetti, non ci sarebbe alcun bisogno di un’emozione del genere: che paura dovrebbe esserci a prendere una decisione importante?
O ad affrontare un discorso davanti a una platea?
Eppure queste e tante altre situazioni spaventano, talvolta bloccano, sebbene non mettano a rischio la nostra vita.
Per combattere la paura, che può insinuarsi in qualsiasi ambito della nostra esistenza, bisogna conoscerla nei suoi aspetti più primitivi e antichi.
Per questo, con il Metodo Formicola, abbiamo deciso di cominciare questo nuovo anno lavorativo mettendo alla prova la nostra capacità di affrontare la paura nelle sue manifestazioni più primordiali: la paura del vuoto e delle grandi altezze.
Siamo partiti mercoledì sedici settembre dai nostri uffici, alla volta di Sasso di Castalda, in Basilicata. Sebbene il tempo fosse instabile siamo giunti in un piccolo paradiso: un borgo arroccato su speroni di rocce, immerso in una natura rigogliosa e palpitante.
Qui, in questo borgo lucano, ci attendeva una sfida emozionante: attraversare i due ponti tibetani che sono l’attrazione del luogo.
Mi sentivo tranquilla, fiduciosa.
Ho avuto la prima scarica di adrenalina solo quando abbiamo indossato l’imbracatura di sicurezza.
Alla vista del primo ponte, com’è naturale, la paura mi si è parata davanti.
Ma sono riuscita a dominarla in maniera ottimale, incantata dalla bellezza del luogo, motivata dalla presenza di mio marito e degli altri studenti del metodo, incuriosita dallo spettacolo mozzafiato che avrei goduto durante l’attraversamento.
Mio marito mi ha preceduta e io l’ho seguito. Sono bastati pochi passi a dissolvere la mia paura.
Ad ogni metro sentivo crescere in me la fiducia, la soddisfazione e un profondo senso di bellezza e di calma.
Alla fine del primo ponte ci siamo abbandonati a un lungo abbraccio: con mio marito e con gli altri studenti del Metodo.
Sulle nostre facce hanno preso forma larghi sorrisi di gratificazione e di euforia.
Il secondo ponte, tre volte più lungo del primo, l’abbiamo affrontato con tutt’altro spirito: superata la paura la prima volta essa è superata per sempre! Allora abbiamo lasciato spazio solo al divertimento e alla gioia di vivere quell’avventura.
Di sera, sulla strada del ritorno, quando l’adrenalina ha lasciato il posto alla serenità, ci siamo lasciati andare alle nostre riflessioni sull’esperienza appena fatta.
Un ponte è una metafora potente, ci siamo detti: c’è sempre un ponte a separarci dalla realizzazione dei nostri sogni e dei nostri obiettivi.
E per superare ogni ponte ci vuole coraggio, dominio sulla paura, consapevolezza e padronanza di sé.
E’ stata una lezione che non dimenticherò mai, perché mi è stata impartita sulla mia pelle, in modo pratico e non solo teorico.
Meglio di così non potevo cominciare l’anno lavorativo!