Per fare carriera, le donne devono “mascolinizzarsi” .

Questo è quanto ci si aspetta dalle donne. Proprio così: ancora oggi questo paradigma infernale resiste!

Non si tratta di una questione fisica, ma di attitudine legata all’intelligenza emotiva, una capacità insita nelle donne che però tendono a sopprimere per raggiungere posizioni di leadership.

Ma che cos’è l’intelligenza emotiva?

Daniel Goleman, psicologo e autore famoso nel campo del management strategico, la definisce come la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni e di interagire con quelle degli altri in modo costruttivo.

Secondo il report 2021 di Six Seconds State of the Heart, uno dei più grandi studi al mondo sull’intelligenza emotiva, combinato con il report McKinsey 2021 Women in the Workplace, nonostante le donne sul lavoro sostengano maggiormente i collaboratori, si informino di più e forniscano maggiore supporto emotivo, quando diventano leader, mettono un freno a queste skills, ma perchè?

«Ci è stato sempre insegnato che il comando appartiene agli uomini e abbiamo finito per imitarli nei modi, nelle sensibilità e negli approcci. Una volta raggiunto il ruolo di leader, decidiamo di trattenere le nostre emozioni per mostrarci più forti e per questo, forse più meritevoli» spiega Manuela Marangoni, consulente aziendale e di carriera, partner di Otherwise.

Per fare carriera, perciò, le donne cedono a un compromesso emotivo. Un atteggiamento inconsapevole, conseguenza di una cultura vecchia. Questo atteggiamento è un deterrente al ricevere commenti più o meno pressanti sul proprio stato emotivo o sulle proprie vulnerabilità (fasi ormonali annesse).

Commenti che non vengono quasi mai rivolti al collega uomo.

Attenzione, però, pensare di sopprimere la propria intelligenza emotiva nel nome dell’avanzamento di carriera non è la strada da percorrere! È vero che, per ogni 100 uomini promossi a manager, vengono promosse solo 86 donne, ma in realtà, proprio l’intelligenza emotiva potrebbe aiutarle a scalare. (Fonte: McKinsey,)

«Le donne, proprio per la naturale empatia, riescono ad accorgersi prima se qualcosa nel team non funziona, intervenendo per tempo. Questo fa sì che le persone si sentano meno sole ed è proprio la solitudine, la questione sempre scottante per le aziende, specie dopo la fase pandemica e il potenziamento del lavoro da remoto» – continua l’esperta.

Inoltre, limitare i propri tratti caratteriali, ha un costo maggiore in termini di stress. «È come se la donna leader viaggiasse sempre con il freno a mano inserito e questo genera un grande dispendio di energie» – chiarisce Marangoni.

Come denunciato da Women in the Workplace, infatti, nell’ultimo anno 1 donna su 3 ha pensato di rallentare la propria carriera e, addirittura, 4 su 10 hanno valutato di lasciare l’azienda o di cambiare lavoro.

Il divario di burnout tra donne e uomini, infatti, è quasi raddoppiato. Normalizzando la leadership femminile è possibile uscire dal paradosso.

«Le quote rosa non saranno la panacea per tutti i mali, ma hanno portato molte più donne ai vertici delle aziende. Tutto ciò aiuta a generare nuovi modelli di leadership con caratteristiche tipiche femminili. In definitiva – conclude Marangoni -, la maggiore sensibilità della donna va evidenziata, non nascosta».

Con il Metodo Formicola affrontiamo questi temi per sostenere le donne in carriera e, fidatevi: vantiamo un bel numero di donne felici che hanno fatto carriera senza aver rinunciato alla loro essenza!

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