Sono lavoratori full time che guadagnano solo con il loro lavoro (senza contare il patrimonio da rendite) almeno 5 volte il salario medio e cioè che superano I 97 mila euro annui! Mica male!
La metà sono dipendenti privati, solo il 18% sono pubblici, il 22% da professionisti e il 9,2 da collaboratori! In questi gruppi naturalmente ci sono anche quelli che guadagnano 10 volte un reddito medio, cioè 194 mila euro all’anno.
Se eliminiamo questi super lavoratori le percentuali afferenti alla diagnosi del nostro primo campione, vediamo che il 52,3% proviene dai dipendenti privati e addirittura il 39,2% dai professionisti, mentre diminuisce l’impronta del settore pubblico (8,5%).
Nessun “collaboratore” guadagna queste cifre.
Continuiamo con le curiosità intorno ai ricchi d’Italia.
Sono i “top earners”, cioè i dipendenti più ricchi del paese e sono lo 0,01%. Per sedersi su queste poltrone servono 553 mila euro all’anno.
I top earners sono raddoppiati dal 1978 al 2017 ma i parametri negli anni sono cambiati: le soglie per entrare nel 10% e nel 5% dei ricconi sono cresciute relativamente poco nel tempo.
Per entrare nel top 10% occorreva avere un reddito di 31.000 euro nel 1978, salito a 39.000 nel 2017.
L’accesso al top 5% richiedeva un reddito di 38.000 nel 1978 contro i 51.000 nel 2017.
Ma più si sale e più i ricchi sono diventati super ricchi, in particolare durante gli anni Novanta.
Nel frattempo 4,3 milioni di rapporti di lavoro su 14 milioni (il 28%) prevedono una salario inferiore ai 9 euro lordi l’ora, al di sotto delle soglie minime di retribuzione oraria.
Condizione che riguarda il 25,9% dei dipendenti privati, il 39% degli operai agricoli (regolari) e il 69,7% dei lavoratori domestici.
Negli ultimi quarant’anni le porzioni più ricche hanno registrato tassi di crescita incredibili: chi si colloca nel top 10% e top 5% ha registrato una crescita pari al 99%, mentre lo 0,01% addirittura un +298%.
Per contro, il 90% meno ricco della distribuzione dei redditi di lavoro ha visto il proprio reddito crescere del 65%.
Il secondo dato da tenere a mente è che il 54% dello 0,01% dei lavoratori più ricchi e il 42% del top 0,1% vive nella provincia di Milano, mentre il 16% del top 0,01% e il 15% del top 0,1% vive nella provincia di Roma.
È evidente che questi ultimi dati vanno letti tenendo conto della diversa dimensione del mercato del lavoro nelle province italiane e, quindi, probabilmente le province con una maggiore occupazione hanno ovviamente una più elevata concentrazione dei top earners.
Il terzo e ultimo dato importante, e per nulla nuovo (basti pensare alla foto all men dell’ultimo G7 finanziario di Chantilly), è che al crescere del livello dei redditi diminuisce la presenza femminile: fra lo 0,01% dei dipendenti più ricchi, solo il 7,5% sono donne.
La progressiva diminuzione della presenza femminile al crescere del reddito è evidente: nonostante la crescita della percentuale di donne sia costante in tutti i percentili, con una accelerazione a metà degli anni novanta.
La percentuale di donne è massima nel top 10% dove raggiunge quota 23%, è del 20% fra i top 5%, del 15% nell’1% più ricco, del 13% fra lo 0,5% più ricco, dell’11% fra lo 0,1% e scende sotto l’8% nel top 0,01%.
E qui che volevo arrivare.
Ora, da donna a donna: secondo voi perche’?